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18 Apr 2023

Adattività e nuova governance

L’emergenza climatica nell’ultimo libro di Jeremy Rifkin.

Con l’impatto dell’emergenza climatica siamo di fronte come noto alla “sfida del secolo” (https://www.giaccardiassociati.it/2023/03/29/adattamento-climatico-e-turismo-la-sfida-del-secolo/).
Per affrontare questa sfida, Rifkin, nel suo ultimo libro “L’Età della Resilienza – Ripensare l’esistenza su una Terra che si rinaturalizza”, Mondadori, 2022, sostiene che dobbiamo realizzare un cambio di paradigma fondamentale, iniziato con la pandemia da Covid-19 e accelerato dall’emergenza climatica.

Rinaturalizzazione e riarmonizzazione

Siamo entrati nell’Età della Resilienza nella quale la scelta vitale è l’adattività fra il nostro ecosistema e gli altri ecosistemi del pianeta.  L’Età del Progresso da cui proveniamo, caratterizzata da una continua tensione a raggiungere l’efficienza del nostro sistema economico anche a discapito delle altre forme viventi che compongono l’ecosistema-Terra, non ha più senso. È stata l’età dell’espropriazione, adesso serve quella della rinaturalizzazione e riarmonizzazione con gli altri esseri che vivono la Terra.

In questa evoluzione, il termine “resilienza” è molto importante ma va chiarito e circostanziato perché è stato abusato, soprattutto nelle scienze sociali, tanto da farlo mutare anche di significato.
In psicologia “resilienza” è definita come la capacità di ritornare allo stato iniziale dopo aver superato eventi traumatici. In ecologia, materia che per prima ha definito questo concetto, “la resilienza determina la persistenza delle relazioni entro un sistema ed è una misura della capacità di questi sistemi di assorbire cambiamenti delle variabili di stato, delle variabili guida e dei parametri, e cionondimeno perpetuarsi” (Holling, 1973).
Continuando con Crawford Stanley Holling, ecologo canadese, dal suo articolo del 1973 Resilienza e stabilità dei sistemi ecologici (https://www.zoology.ubc.ca/bdg/pdfs_bdg/2013/Holling%201973.pdf) osserviamo che “un’impostazione gestionale basata sulla resilienza metterebbe in evidenza la necessità di mantenere aperte diverse opzioni, la necessità di vedere gli eventi in un contesto regionale piuttosto che locale e la necessità di dare rilievo all’eterogeneità. (…) La struttura della resilienza può consentire un cambiamento di prospettiva perché non richiede una puntuale capacità di predire il futuro, ma soltanto una capacità qualitativa di escogitare sistemi in grado di assorbire e recepire eventi futuri qualunque forma inattesa essi possano assumere”.

A partire da quell’assunto di Holling, la resilienza secondo Rifkin non deve essere concepita come un “modo di essere” nel mondo, ma come un “modo di agire” sul mondo. Infatti viviamo quotidianamente nei sistemi socio-ecologici adattivi complessi (CASES).
L’applicazione della concezione CASES ci consente di passare dal ragionare su sistemi chiusi a ragionare su sistemi aperti, abbandonando l’ossessione per la predizione e prediligendo invece “anticipazione” e “adattamento”.

Alcuni settori politici, economici e sociali in Italia e all’estero hanno iniziato o stanno iniziando a ragionare in ottica CASES perché ci troviamo davanti, secondo Rifkin, a un abnorme sistema economico-finanziario che, nell’Età della Resilienza o della rinaturalizzazione e riarmonizzazione,  continua a lavorare per predizioni e non per anticipazioni, quindi del tutto cieco ai fatti e ai nuovi bisogni. Un’impresa/pubblica amministrazione/destinazione quando vuole sopravvivere deve imparare ad adattarsi.

Adattività e resilienza implicano quindi la disponibilità a sperimentare, accettando i fallimenti per riorganizzarsi e restare in gioco. È necessario cioè un ripensamento dell’economia e dell’attività umana.
Ad adattarsi non dovranno essere solo imprese e sistemi, ma anche la forza lavoro umana nel suo insieme. Se nel XIX e XX secolo la forza lavoro industriale era destinata – più o meno consapevolmente – allo sfruttamento e al consumo delle risorse naturali, la forza lavoro del XXI secolo si concentrerà sempre più sul rapporto fra essere umano e natura e sulla gestione e la cura della biosfera.
Infatti, secondo una ricerca della Brookings Institution del 2019 (https://www.brookings.edu/wp-content/uploads/2019/04/2019.04_metro_Clean-Energy-Jobs_Report_Muro-Tomer-Shivaran-Kane.pdf) sono 320 le categorie di posti di lavoro in tutti i principali settori che saranno coinvolte nella transizione a un’economia pulita.

Adattività e resilienza sono generatrici di grandi opportunità, ma allo stesso tempo mettono in crisi strutture mentali e modi di agire consolidati nella precedente Età del Progresso. Ma non si può esitare perché siamo a un punto di non ritorno: “trasformare la minaccia esistenziale del cambiamento climatico da causa di trepidazione in scelta di adattamento è ciò che ci dischiude la via del futuro” (Rifkin, 2022).

Cambio di governance

Altro elemento fondamentale del passaggio all’Età della Resilienza è l’evoluzione del “penso, dunque sono” cartesiano nel “partecipo, dunque esisto” che sembrano rivendicare le giovani generazioni – da Greta Thunberg al movimento dei Fridays For Future – sempre più pre-occupati per gli impatti dei cambiamenti climatici sulle proprie vite. Nel momento in cui i disastri affliggono le regioni nel suo insieme, è necessario pensare a una governance di comunità per coinvolgere l’intera popolazione nelle scelte dirimenti per il proprio futuro.

Rifkin introduce così il concetto di “paricrazia”, cioè una democrazia evoluta basata su momenti assembleari di ascolto e confronto guidati dalla componente pubblica in cui tutti gli stakeholder vengano coinvolti al fine di ottenere il miglior risultato possibile per tutta la comunità.
Lo strumento tecnico per tendere a questa paricrazia è la pianificazione partecipativa. Alcuni esempi di successo di pianificazione partecipativa sono stati realizzati in varie parti del mondo, da Porto Alegre in Brasile dove già negli anni ’90 si è iniziato a fare bilanci partecipativi che vedevano il coinvolgimento assembleare di oltre 40.000 persone, fino a New York e Chicago che hanno completamente reinventato i propri sistemi di sicurezza pubblica e scolastici, grazie alla partecipazione attiva di tutta la comunità.
Anche in Spagna e Italia abbiamo assistito ad esperienze ben riuscite, dalla piattaforma di democrazia partecipativa decidim.barcelona (2016) al bilancio partecipativo del Comune di Bologna di questi anni più recenti.
L’Italia ha davanti una sfida cruciale: fare in modo che le persone tutte, ma soprattutto gli stakeholder di un determinato settore, capiscano l’importanza della partecipazione attiva alle scelte della propria comunità e che le pubbliche amministrazioni tutte capiscano che questo nuovo modello di governance non comporta una perdita di potere, ma acquisiscono maggior forza e autorevolezza nelle proprie decisioni.
Infine è necessario formalizzare questi momenti partecipativi con norme di legge, per fare in modo che non vengano stravolti ad ogni cambio di governo, ma diventino parte imprescindibile della vita socio-politica e dei processi di ogni comunità.

Turismo e sviluppo locale adattivi

Dalle nostre ricerche, dalle fiere che frequentiamo e dal confronto con gli stakeholder pubblici e privati della filiera turistica, abbiamo la percezione che il turismo talvolta fatica ad essere resiliente e a comprendere la necessità di adattarsi rapidamente, seppur venga generalmente riconosciuto che il cambiamento climatico è impattante.
Come abbiamo ricordato in questo articolo (https://www.giaccardiassociati.it/2023/02/08/le-conseguenze-dellemergenza-climatica-in-italia-e-nel-turismo/) anche il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (2022) invita ad adattarsi per “anticipare gli effetti avversi dei cambiamenti climatici e adottare misure adeguate a prevenire o ridurre al minimo i danni che possono causare oppure sfruttare le opportunità che possono presentarsi”.
Se a livello di adattamento ai cambiamenti climatici nel turismo e nello sviluppo locale è ancora necessario fare numerosi passi avanti (e farli velocemente), possiamo dire senza timore di smentita che molte località turistiche sono avanti a livello di realizzazione di processi partecipativi per la definizione di piani strategici di destinazione.
Ciò è dovuto al fatto che il turismo è un’economia di territorio e di comunità, quindi ogni scelta strategica, per poter essere il più possibile efficace, ha necessità di confrontarsi con esigenze, aspettative e proposte di tutti gli stakeholder.
Nell’Età della Resilienza, turismo e sviluppo locale hanno necessità di individuare percorsi credibili di adattamento ai cambiamenti climatici (DAPP) e, contestualmente, di organizzare sistemi partecipativi nei quali far maturare quei percorsi per poter progettare insieme destinazioni e imprese climate-sensitive, con un’alta consapevolezza delle opportunità e dei rischi collegati all’emergenza climatica.

Cfr. https://en.wikipedia.org/wiki/Jeremy_Rifkin

Marco Antonioli