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08 Mag 2024

“The gray rhino”, dove va il turismo?

Emergenza climatica, dati e scenari 2024-2023. Cosa possiamo aspettarci.

Turismo ed emergenza climatica

Pensiamo da tempo che l’antinomia turismo ed emergenza climatica sia una sfida soprattutto mentale e sensoriale ancor prima che razionale. Il rischio vero è di essere travolti dal “rinoceronte grigio”.

La prima definizione del concetto di “rinoceronte grigio” in economia è dell’autrice e analista strategica americana Michele Wucker: “Un Rinoceronte grigio è una minaccia altamente probabile e di forte impatto: qualcosa di cui dovremmo renderci conto, come un rinoceronte di due tonnellate che punta il suo corno verso di noi e si prepara a caricare. (…) È proprio l’ovvietà di questi pachidermi problematici a fare parte di ciò che ci rende così incapaci di reagire. Non siamo in grado di riconoscere ciò che è ovvio, e quindi di prevenire crisi altamente probabili e ad alto impatto: quelle rispetto alle quali siamo in grado di fare qualcosa”.
Wucker ha introdotto il concetto di “rinoceronte grigio” nel corso del World Economic Forum di Davos, in Svizzera, nel gennaio 2013.  A differenza dei “cigni neri” altamente improbabili e resi popolari dal libro di Nassim Nicholas Taleb del 2007, i rinoceronti grigi sono minacce altamente probabili, ad alto impatto ma trascurate.
Il concetto è stato poi sviluppato nel suo libro del 2016, The Gray Rhino: How to Recognize and Act on the Obvious Dangers We Ignore (Il rinoceronte grigio: come riconoscere e agire sui pericoli ovvi che ignoriamo).

La sensazione è che soprattutto il turismo italiano, con i cambiamenti climatici, sia di fronte a una enormità talmente ovvia che “che ci rende così incapaci di reagire”, con un nuovo rinoceronte grigio che corre a gran velocità.
L’Italia è come noto al centro dell’hotspot mediterraneo (cfr. articolo qui) dove l’intensità degli estremi climatici è superiore del 20% rispetto alle medie globali. Per di più in estate – stagione turistica per eccellenza – la differenza si fa ancora più acuta essendo il riscaldamento del bacino del Mediterraneo più intenso persino del 50%.

Turismo 2024

Il cambiamento climatico sta già cambiando le scelte di viaggio dei turisti in Italia, in Europa e in gran parte del mondo.
Secondo la rilevazione di Booking.com e il rapporto Travel Predictions 2024 il 51% dei viaggiatori dichiara che il cambiamento climatico impatterà sui comportamenti di scelta delle vacanze mentre il 56% afferma che – a causa dell’aumento delle temperature vicino a casa – cercherà refrigerio in qualche altra parte del mondo. Hanno partecipato a questa indagine di fine 2023 oltre 27.000 persone di tutto il mondo, inclusi gli italiani.
Il nuovo orientamento di viaggiatori e turisti è confermato dalla ricerca del gruppo AccorHotels, pubblicata a fine febbraio 2024. Accor, che gestisce più di 5.000 alberghi in 110 nazioni con 300.000 dipendenti, ha intervistato oltre 8.000 viaggiatori provenienti da sette Paesi europei (Regno Unito, Germania, Paesi Bassi, Francia, Italia, Spagna, Polonia).
Il 77% dei rispondenti dichiara che le preoccupazioni collegate al clima avranno un impatto sulle loro decisioni in fase di prenotazione del viaggio.
L’impatto dei cambiamenti climatici comporterà perciò una diversa distribuzione delle presenze nell’arco dell’anno: il 32% dichiara che sceglierà di proposito di fare vacanza al di fuori dell’alta stagione per ridurre i costi e il 19% per evitare le ondate di calore.
Queste due scelte potranno dilatare la concezione tradizionale di stagione turistica soprattutto nelle “destinazioni calde”: meno presenze in piena estate, mentre in autunno e primavera potranno aumentare coloro i quali vogliono evitare le giornate di alto calore e magari spendere meno.
Nota relativamente positiva dalla ricerca Accor è che il 18% degli intervistati verrà in Italia, secondo posto dietro alla solita Spagna.

Tuttavia, dilatazione e trasformazione in modalità climate-sensitive della stagionalità turistica sono fatti e trend densi di conseguenze rilevanti.
Facciamo alcuni esempi:

  • le destinazioni tutte dovranno affrontare un cambio accelerato dei piani e dei contenuti di lavoro, operando su dati, informazioni, competenze e nuovi servizi, insieme con nuovi contenuti e strumenti digitali e la messa a regime di nuovi modelli smart tourism destination
  • le destinazioni più tradizionalmente estive dovranno garantire anche negli ex-mesi di spalla lo stesso livello di qualità di servizi e infrastrutture che prima offrivano solo d’estate
  • i turisti punteranno a un aumento generalizzato della qualità di viaggio e soggiorno
  • i residenti otterranno una probabile riduzione dell’entropia nei servizi e nei territori ma con una inevitabile trasformazione di più abitudini sociali e di lavoro
  • le diverse tipologie di operatori dell’accoglienza dovranno necessariamente
    • ripensare le diverse operations
    • riorganizzare i rapporti con la supply chain turistica
    • definire nuovi modelli organizzativi e nuovi contenuti di formazione dei collaboratori.

In estrema sintesi, il periodo che stiamo vivendo è e sarà sempre più caratterizzato da forti variazioni climatiche che porteranno a consistenti e inevitabili trasformazioni strategiche e organizzative la cui posta in palio è restare sul mercato e, magari, provare a crescere in uno scenario inedito.

La “policrisi” e il turismo

Le scienze sociali contemporanee mettono in evidenza che questa fase è definibile come “policrisi”. Introdotto nel 1999 dai teorici della complessità Edgar Morin e Anne Brigitte Kern, con questa definizione si afferma che “non c’è un solo problema vitale, ma molti problemi vitali ed è questa complessa intersolidarietà di problemi, antagonismi, crisi, processi incontrollati, e la crisi generale del pianeta che costituisce il problema vitale numero uno”.
Questa definizione è stata poi aggiornata dallo storico Adam Tooze in un recente articolo sul Financial Times “nella policrisi gli shock sono disparati, ma interagiscono in modo tale che l’insieme è ancora più travolgente della somma delle parti”.
Che siamo immersi in una policrisi emerge chiaramente dalle risposte al Global Risks Perception Survey 2023-2024 del World Economic Forum, a cui hanno partecipato 1.490 esperti mondiali esponenti di università, grandi imprese, pubbliche amministrazioni, comunità internazionale e società civile.
Le risposte sono incontrovertibili: da qui a due anni i maggiori rischi percepiti sono: “disinformazione dovuta a contenuti generati dall’intelligenza artificiale”, “eventi climatici estremi”, la “polarizzazione della società”, la “cybersicurezza” e “conflitti armati”.

Come illustra la prima immagine qui sopra, la policrisi – secondo le opinioni degli intervistati – non sembra finire nemmeno fra dieci anni, ma cambia la percezione dei rischi più pressanti.
Fra dieci anni cinque rischi su dieci saranno di tipo ambientale, tre di tipo tecnologico e due di tipo sociale.
Verranno meno le problematiche economiche e le problematiche geopolitiche. Visione realistica?
Sarà il tempo a stabilirlo. Sta di fatto che dobbiamo agire subito per ridurre i rischi ambientali.

A una domanda simile (cfr. la seconda immagine qui sopra), le risposte del panel di esperti dell’UNWTO – composto da amministrazioni pubbliche che si occupano di turismo a livello nazionale e regionale, organizzazioni turistiche internazionali e regionali, associazioni di categoria, istituti di ricerca universitari e imprese del settore turistico – sono in linea con quanto affermato dal World Economic Forum.
Ai primi posti, due grandi preoccupazioni che riguardano la capacità di spesa delle persone: il contesto economico che stiamo vivendo e l’incremento dei costi di trasporto e di alloggio.
Se scorriamo la classifica delle preoccupazioni degli esperti notiamo come al terzo posto ci siano “eventi metereologici estremi”, da cui purtroppo anche il nostro Paese è stato colpito nel corso dell’ultimo anno.
Ormai è sotto gli occhi di tutti che le scelte di adattamento climatico non sono più rimandabili.
Altro warning per la stagione turistica 2024, è la situazione geopolitica a livello globale; infatti, troviamo al quarto e sesto i conflitti in Medio Oriente e in Ucraina e al settimo posto un generico “altri rischi geopolitici” che evidenzia però grande preoccupazione per possibili nuovi focolari di guerra in altre parti del mondo.

Turismo 2023

La sensazione che il “rinoceronte grigio” del cambiamento climatico sia in corsa è comprovata dai dati pubblicati dal Copernicus Climate Change Service ad aprile 2024, per la prima volta insieme con la World Metereological Organzitation nell’European State of the Climate 2023.

Alcune evidenze da tenere in considerazione.
Dal 1980 l’Europa è il continente che si sta riscaldando più velocemente a livello globale, ciò comporta da un lato lo scioglimento dei ghiacciai e un aumento esponenziale delle precipitazioni atmosferiche che portano ad alluvioni (nel 2023 in Romagna, Grecia, Slovenia, Norvegia e Svezia), dall’altro siccità diffusa. Il 2023 è stato inoltre, per la seconda volta, l’anno più caldo della storia mentre i tre anni più caldi di sempre si sono registrati dal 2020 in poi.

Le perdite economiche dovute agli impatti del cambiamento climatico in Europa si attestano a circa 13,4 mld. di €.

Come documenta la mappa qui sopra con i principali eventi climatici del 2023, se la primavera è stata caratterizzata da eventi estremi con oltre 1,6 milioni di persone colpite da alluvioni, pochi mesi dopo (luglio-agosto) abbiamo assistito ad alcuni dei mesi più caldi della storia.
A luglio il 41% dell’Europa meridionale ha sofferto di stress da temperature troppo elevate e in tutta Europa sono stati colpiti dagli incendi oltre 5.000 km2, un’area grande quanto Londra, Parigi e Berlino messe insieme. Ciò ha comportato un aumento del 94% delle morti correlate alle temperature torride.

In questa dimensione climaticamente preoccupante, i dati del World Tourism Barometer pubblicati dall’UNWTO a gennaio 2024 ci dicono che il turismo nel 2023 non ha ancora raggiunto i livelli pre-pandemia.
A livello globale infatti gli arrivi turistici internazionali sono stati ancora inferiori del 12% rispetto al 2019. Secondo le proiezioni nel 2024 dovrebbero arrivare finalmente a un +2% sul 2019.
L’unica area del pianeta che ha già recuperato le performance 2019 è il Medio Oriente con un +22%, mentre tutte le altre zone sono ancora sotto ai livelli pre-covid. Tuttavia, come tragicamente noto, il Medio Oriente è afflitto dell’ennesimo e grave conflitto israelo-palestinese scoppiato proprio a ottobre 2023.

Se avete piacere di parlarne, vista la complessità degli argomenti, sono a vostra disposizione!

Questi i miei contatti diretti 
Marco Antonioli, capo analista
m.antonioli@giaccardiassociati.it
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Marco Antonioli