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17 Ott 2012

Cervelli che vanno e cervelli che restano

La relazione del prof. Lipparini il 23 ottobre a RFL 2012.

Dal sito di Ravenna Future Lessons, condividiamo con voi un’anteprima della relazione del prof. Andrea Lipparini che aprirà la terza edizione di Ravenna Future Lessons, martedì 23 ottobre ore 16,00 nell’aula magna della Casa Matha (piazza Costa 3 – Ravenna).

Si parlerà di “cervelli che vanno e che restano” con l’obiettivo di offrire un’analisi utile a riflettere sul fenomeno ma soprattutto utile a ripensare nuovi modelli di collaborazione tra il sistema della domanda e dell’offerta di competenze.

«Il bilancio italiano dei “cervelli che vanno e che restano” ha un saldo nettamente negativo: il 16,2% dei 20-40enni va deliberatamente a lavorare all’estero mentre il nostro paese ne attrae solo per il 2,3% con un saldo in rosso di oltre il -13%. Se applicassimo queste proporzioni alla provincia di Ravenna con i suoi 380 mila residenti, significherebbe che ogni anno circa 12.300 giovani tra 20-40 anni troverebbero migliori condizioni di lavoro fuori dal ravennate e dall’Italia e poco più di 1.750 vi arriverebbero per stabilirsi qui, con un saldo negativo annuale di circa 10.550 giovani. E mentre nel ‘900 erano le persone più umili e meno colte che emigravano, oggi sono i talenti, le migliori intelligenze, energie e competenze della società che se ne vanno, non tornano e altrove, ma non qui da noi, genereranno nuovo futuro e ricchezza.

Il fenomeno dell’esodo giovanile a livello nazionale è quasi brutale e valgono a poco le azioni di contrasto messe in campo sinora. Ad esempio il programma Montalcini (2001) tentò di mettere in campo incentivi di rientro ma in cinque anni stando alle ultime statistiche disponibili, ha favorito il rientro solo di 500 giovani!

Ma il fatto ancora più grave è che non attraiamo cervelli dall’estero, perché non abbiamo idee-sfida (challinging ideas) che li richiamino. E’ possibile definire una sorta di graduatoria di questo fenomeno paese per paese: per esempio la Germania ha un saldo a zero tra giovani che se ne vanno e giovani stranieri che vi entrano; la Svizzera e la Svezia invece ricevono molto di più di quel che cedono con un “guadagno” del 20%; la Gran Bretagna presenta un saldo attivo dell’8% e la Francia del 4%. Solo l’India fa peggio dell’Italia: il 40% dei 20-40enni se ne va all’estero, mentre ne entrano solo l’1%, ma il grande subcontinente asiatico è comunque il più grande serbatoio mondiale di ingegneri elettronici e programmatori di computer, cosa che noi invece non siamo.

C’è inoltre una sistematica caccia ai giovani talenti italiani operata da anni dalle multinazionali che operano nel nostro paese. Protagonisti marchi famosi anglosassoni, tedeschi, francesi, svizzeri, canadesi, etc. che concorre in modo significativo ai 60.000 giovani che ogni anno vanno via dall’Italia: anche in questo caso quelli che tornano sono davvero pochi. Ma il fatto più preoccupante è che i giovani italiani che hanno successo all’estero fanno tendenza, dimostrano che si può fare e aprono strade a chi vuole partire a sua volta da lì a poco.

Ci sono diverse contromisure intelligenti, politiche, economiche e normative, che si possono mettere in atto e di questo in parte tratteremo nell’importante edizione di Ravenna Future Lessons di quest’anno. Voglio anche dire che una città come Ravenna può fare molto: perché chi pensa o cerca il modo di tornare in Italia vuole non solo continuare a crescere in termini di carriera in una rete internazionale che comunque possiede, ma vuole anche offrire una vita e un contesto accogliente al proprio team di collaboratori più importanti: che è innanzitutto la propria famiglia, la propria moglie/marito o compagna/compagno, i figli. Ecco Ravenna su questo può giocare una sfida nuova e molto premiante per sé e per il paese, cercando di attrarre esperienze italiane di grande valore internazionale in un luogo bello e ospitale.

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Andrea Lipparini è Ph.D., Professore Ordinario di Gestione della Tecnologia presso l’Università di Bologna. Dal 1996 al 2005 ha svolto attività di docenza presso l’Università Cattolica di Milano. Ha conseguito un dottorato di ricerca in Direzione Aziendale ed è stato Visiting Scholar e Visiting Professor presso la Wharton School dell’Università della Pennsylvania (USA). E’ appassionato di cultura materiale e campagna.

 

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