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25 Mag 2022

Turismo: la nuova “strategia del tempo”

Tutto sarà come prima?

Chi viaggia ha una percezione molto attenta del tempo, “time” non solo “weather”.
In ogni momento in base alle sue aspettative e scelte spende soldi in modo diretto, per esempio paga un hotel per dormire, un ticket per un aereo, un treno, un’escursione, un attrattore oppure un pasto in un bel locale tipico. Il costo di chi viaggia però è spesso anche indiretto, per esempio per curare i propri interessi di lavoro tramite altre persone di fiducia e/o tramite supporti tecnologici perché il viaggio, per sua natura, sottrae attenzione e tempo al quotidiano per ricevere piacevolezza nel particolare.
Chi fa impresa di accoglienza, nel ricettivo e nei servizi, ha a sua volta un’indispensabile considerazione del tempo e del suo valore. Progettazione, programmazione, digitalizzazione, organizzazione, promozione, intermediazione o disintermediazione, commercializzazione, formazione, erogazione, customer caring, fidelizzazione, etc., sono tutte operazioni e processi d’impresa che hanno una formidabile reason why nel fattore tempo inteso come comune denominatore, indipendentemente dalla dimensione aziendale.
Anche chi collabora in quei processi come manager, lavoratore dipendente o free lance nei diversi settori dell’economia del turismo ha una relazione stretta con il fattore tempo: accogliere, gestire, corrispondere piacevolezza, rigovernare, accompagnare, ristorare, far vivere esperienze, accompagnare, assistere, motivare, soddisfare, curare, etc. sono tutte parti di processo e di competenze vincolate al fattore tempo, alla sua percezione per chi viaggia e al suo valore per chi fa impresa.
Questa correlazione logica e triangolare appare mutata in modo strutturale da qualche tempo (guarda caso) soprattutto nella vita delle persone con impatto significativo nei processi della domanda e dell’offerta e, di conseguenza, sulla sostenibilità economica, sociale e ambientale del fare turismo.

Dati e informazioni al riguardo di tutto ciò – per esempio 350 mila posti lavoro vacanti nel turismo 2022 – sono ancora pochi e confusi, forse strumentalizzati, ma la “strategia del tempo” che vive ciascuno di noi oggettivamente non è più la stessa. Proviamo a fare qualche esempio ripercorrendo a ritroso quella triangolazione.

Chi lavora nel turismo, anche chi lo fa per passione oltreché per bisogno, vuole più tempo per la propria vita privata che può essere anche tempo-recupero per fare meglio la propria professione:

  • la relazione tra questi due aspetti non è più scissa come un tempo ma si è integrata proprio per effetto dell’invasività del digitale che, insistendo su un una stessa unità biologica, ci mette allo specchio di sfaccettature esistenziali proprie e/o altrui prima non considerate tra le quali, per esempio, priorità e stile di vita (per inciso è la stessa miscela che sta alla base del burnout);
  • prima della pandemia era esattamente il contrario: più allungavi il tempo lavoro e riducevi quello privato e più aumentava l’autoconsiderazione positiva in ragione del sentirsi al centro dei processi di relazione turistica e dell’evoluzione di sfide e competenze;
  • l’impressione è che l’autoconsiderazione positiva, di cui ciascuno ha bisogno per sostenere le proprie sfide individuali e sociali, sia divenuta invece il frutto di un nuovo allineamento di gradevolezza tanto nell’accogliere quanto nell’essere bravi a farlo.

Tutto ciò è una prima forte discontinuità strategica nei processi di management che non si risolve con contratti (probabilmente tutti da ripensare) o regole più stringenti e con la disponibilità di capitale umano “più disponibile”, per esempio i migranti, ma lavorando su valori e contenuti organizzativi orientati al cliente, sul senso di missione e competenze, quindi anche sulle modalità di formazione a tutti i livelli e forse di partecipazione ai risultati.

Chi fa impresa deve invece misurarsi con due modificazioni strutturali e contemporanee rispetto alle quali fatica oggettivamente a trovare soluzioni adeguate, quella del tempo di chi lavora nella propria organizzazione, come accennato prima, e quella del tempo di chi viaggia e compra/paga accoglienza e servizi che l’impresa produce e offre che vedremo più sotto.
Le soluzioni sono difficili perché:

  • la variabile tempo delle persone che lavorano nei diversi settori del turismo impatta la percezione della variabile tempo di chi viaggia e dell’evoluzione delle sue esigenze;
  • le due variabili tempo paradossalmente convergono e si autosostengono tra loro a causa di “vicinanza e socializzazione digitale” che, senza alterare le differenze di ruolo e di status, allinea tuttavia su piani e misure inedite i desideri individuali e l’immaginario collettivo;
  • le due modificazioni strutturali e contemporanee avvengono inoltre in una sequenza storica che ha messo insieme (per caso?) modelli economici divenuti insostenibili, pandemia, emergenza climatica con minacce di guerra, aumento di costi essenziali, globalizzazione interrotta e incertezze “politiche” di varia natura.

Quanto così schematicamente riassunto è una seconda forte discontinuità strategica nei processi di management, rispetto alla quale mi pare che siamo tutti impreparati, non c’è traccia nel cosiddetto dibattito ufficiale ai vari livelli di governo, né sono sufficienti policy associative e di rappresentanza, a volte un po’ nostalgiche e senza innovazioni sostanziali.
Azzardiamo pensare che sul fare impresa nel turismo di questo tempo (eccolo di nuovo) sia necessario approfondire molto, fare ricerca e avere dati e metriche adeguate. Posto che così sia, in che modo farlo?
In prima approssimazione pensiamo serva un approfondimento sulla trasformazione dell’impresa spinta dall’evoluzione della domanda e dai vari “cigni neri”, fatto però in modalità human capital-based. Non un’indagine quindi sulle variabili manageriali classiche, bensì sui processi che coinvolgono dal vivo le persone, ruoli, esigenze e competenze, perché il turismo è un’economia più di altre fatta di persone che interagiscono con altre persone ancora prima che di tematismi, territori, edifici,  design, modelli organizzativi, tecnologie, marketing, etc.

E infine chi viaggia sarà sempre più coinvolto/motivato dal tempo come “weather” sommato alla percezione del suo “time”: tempo-calore, tempo-pioggia, tempo-freddo, tempo-vento, tempo-previsioni meteo, tempo-emergenze, tempo-imprevisti, etc. che impatteranno da un lato le aspettative mutanti di tempo-piacere, tempo-viaggio, tempo-esperienze, tempo-relax, tempo-divertimento, tempo-spostamento, etc., e dall’altro quelle organizzative, a loro volta in fase critica, quali tempo-lavoro, tempo-accoglienza, tempo-servizio, tempo-competenza, tempo-collaborazione, etc.
Siamo perciò di fronte a una terza forte discontinuità strategica nei processi di management che evoca una nuova e ineluttabile “strategia del tempo”, sia “time” e sia “weather”, che già coinvolge e si impone rispetto a profili, contenuti, priorità e prospettive di tematismi, territori, edifici, design, modelli organizzativi, tecnologie, marketing, etc.

Tre forti discontinuità strategiche che imporranno prima o poi una nuova e inedita “bussola del tempo-turismo”: 1) il tempo per la vita privata di chi lavora nel turismo, 2) il tempo dell’impresa a fronte delle due modificazioni strutturali e contemporanee, quella di chi lavora e quella del tempo di chi viaggia e compra/paga accoglienza e servizi, 3) infine, il tempo “weather” sommato alla percezione del “time” vacanza che rimettono in gioco nuovamente, dopo la pandemia, il paradigma del rapporto domanda-offerta.

Tutto sarà come prima?

Beppe Giaccardi
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